Il nuovo museo GEM del Cairo: un colosso ancora in attesa di anima
- The Introvert Traveler
- Sep 24
- 5 min read

Ultima visita: agosto 2025
Mio giudizio: 5 (giudizio provvisorio allo stato attuale)
Durata della visita: 2 ore
Quando si varca l’ingresso del Grand Egyptian Museum (GEM), a pochi passi dalle Piramidi di Giza, si ha l’impressione di entrare in un’astronave atterrata sul deserto: facciate oblique in pietra chiara, vetri riflettenti, geometrie monumentali che evocano ossessivamente la forma delle piramidi, spazi smisurati che sembrano concepiti più per sbalordire che per accogliere. È l’ennesimo tassello di un sogno egiziano che ha richiesto vent’anni di lavori, rinvii, fondi internazionali e infinite promesse di “imminente apertura”.
L'edificio flette i muscoli in un'esibizione di sfarzo, lusso e magnificenza che ha pochi eguali al mondo e promette al visitatore un'esperienza museale formbidabile.
Il Museo GEM del Cairo: Una lunga gestazione
Il progetto nasce nel 2002 con un concorso internazionale vinto dallo studio irlandese Heneghan Peng. L’idea era ambiziosissima: creare il più grande museo archeologico del mondo, capace di contenere oltre 100.000 reperti, liberando così il vecchio Museo Egizio di piazza Tahrir, ormai saturo e logoro. Ma la realizzazione è stata tormentata: crisi economiche, rivoluzione del 2011, pandemia, una rivoluzione, oscillazioni di bilancio. Ogni anno si annunciava l’apertura definitiva, ogni anno si rinviava.

Il soft opening
Finalmente il GEM ha aperto le sue porte in forma di “soft opening”: gli spazi sono accessibili, ma la collezione è ancora ridotta. Non si tratta quindi di un’inaugurazione vera e propria, ma di una sorta di prova generale in vista dell'inaugurazione vera e propria che attualmente è fissata per l'inizio di novembre 2025.

Cosa si vede oggi
Varcati i tornelli della biglietteria si viene accolti da una golf car che accompagna i visitatori lungo un breve viale che porta all'ingresso; mi chiedo se questo servizio di golf car resterà operativo anche a regime, quando i flussi di turisti saranno molto più numerosi e che senso abbia avuto progettare in questo modo la biglietteria, non nell'immediata prossimità dell'ingresso. Le prime perplessità però vengono rapidamente fugate perché la facciata del museo è sfavillante e monumentale; quando poi si varca l'ingresso, la spettacolarità della facciata sbiadisce al cospetto dell'immenso atrio in acciaio, vetro, cemento e pietra dove troneggia una colossale statua di Ramses II.



Attraversato l'atrio si sale lungo una scala monumentale lungo la quale sono esposte numerose pregevolissime sculture e le aspettative salgono alle stelle perché l'ingresso in scena di questo museo che tanto si è fatto attendere e sul quale l'intero Egitto ha investito somme incommensurabili non potrebbe essere migliore.

Quando poi si arriva in cima alla scala, l'allestimento cala il proprio asso nella manica, esibendo un'enorme finestra che si apre sulla piana di Giza e sulle piramidi; difficilmente l'ingresso a un museo potrebbe essere più spettacolare e alimentare maggiori aspettative.



Come è legittimo attendersi da un museo moderno, la pianta di disposizione delle sale è perfettamente ordinata e muoversi da una sala alla successiva è perfettamente naturale senza richiedere l'uso di una mappa, come invece accade in musei più antiquati.

Le primissime sale espongono in effetti opere di un certo pregio ed è naturale visitarle con un certo entusiasmo, alimentato dall'ingresso mozzafiato e dall'aspettativa di assistere a un'esposizione che renda finalmente giustizia all'inestimabile tesoro di reperti che fino ad oggi non hanno trovato adeguata esposizione nello storico museo del Cairo.

Tuttavia, man mano che si percorrono le sale, una sensazione di deja vu si fa via via più insistente, alla consueta statutaria monumentale si alternano pregevoli gioielli, sarcofagi, gli immancabili bassorilievi di antichi monarchi che infieriscono a mazzate su qualche nemico vinto in battaglia, ma anche reperti archeologici che suscitano più che altro indifferenza. Gli spazi espositivi sono curati nel migliore dei modi, niente è lasciato al caso, ma le opere che suscitino un vero e proprio stupore latitano.
Gli allestimenti museali sono perfettamente allineati ai più elevati standard che si attendono da un museo del 2025, come gli immancabili turisti cinesi che toccano con mano tutte le opere esposte mentre gli addetti alla sicurezza sonnecchiano guardando il cellulare, o i turisti scalzi che si assopiscono sulle panchine di lussuosissimo marmo.
Un fugace sussulto mi coglie nello scorgere un gatto in bronzo reminiscente dello splendido "gatto Gayer Anderson" del British Museum, ma poi la visita volge al termine.

Procedendo con estrema calma, l'intera visita si esaurisce in circa due ore, un solo piano e 12 sale di cui una, la numero 3, non ancora aperta al pubblico. Non mi è chiaro se a regime l'esposizione si svilupperà anche su altri piani; se così non fosse, il colossale edificio sarebbe un notevole spreco di spazio dedicato alla magniloquenza e a qualche lussuoso negozio di troppo al piano terreno; se veramente il GEM è nato per dare finalmente una casa a troppe opere che non trovavano spazio nel vecchio museo del Cairo, sarebbe sorprendente se l'intero museo dovesse risolversi in un solo piano e 12 sale per lasciare spazio al piano terreno a una lunga fila di negozi tra Starbucks e gioiellerie varie.
Chi entra oggi al GEM si trova quindi davanti a un contenitore avveniristico che, seppur brillante, non ha ancora trovato il suo contenuto definitivo.
Cosa conterrà domani
La promessa, però, è immensa. Il GEM dovrebbe custodire l’intera collezione del tesoro di Tutankhamon, per la prima volta esposta in maniera integrale (anche se non è ancora chiaro, almeno a me, se il trasferimento sarà completo o solo parziale). È questo il cuore pulsante atteso dai visitatori di tutto il mondo, l’elemento capace di trasformare un involucro scintillante in un museo davvero unico al mondo.
Accanto a Tutankhamon, dovrebbero trovare posto:
reperti mai esposti provenienti dai magazzini archeologici egiziani,
una sistemazione definitiva delle grandi collezioni di statue, papiri, sarcofagi,
laboratori di restauro di livello mondiale, già attivi dietro le quinte.
Se tutto il tesoro di Tutankhamon dovesse trovare qui la propria collocazione per il futuro, non riesco a pensare a una sede più degna e abbagliante per quello stupefacente corredo funebre; il tesoro troverà la migliore collocazione immaginabile, e lo stesso museo acquisirà il lustro che attualmente è inespresso.
Un’impressione personale
Camminando tra le sale, ho provato una sensazione curiosa: quella di un museo che non è ancora un museo. È come visitare un teatro appena costruito, in cui la platea scintilla di velluti nuovi e i lampadari brillano, ma manca ancora lo spettacolo. Per ora il GEM è soprattutto architettura: grandiosa, futuristica, persino un po’ algida. Eppure, se davvero il tesoro del giovane faraone vi troverà dimora, insieme a migliaia di reperti rimasti finora invisibili, allora questo luogo diventerà inevitabilmente una delle mete culturali più spettacolari al mondo.
Il mio giudizio non può dunque che essere sospeso e rinviato a una prossima visita. Al momento non posso che esprimere il rammarico per le modalità con cui è stata gestita l'apertura e per le promesse non mantenute dalle autorità.
Conclusione
Il Grand Egyptian Museum oggi è un colosso che brilla di promesse più che di contenuti. Un visitatore smaliziato rischia di trovarlo “noioso” rispetto alle attese, ma la sua importanza storica e simbolica è fuori discussione: quando sarà a regime, probabilmente ridefinirà il modo stesso di raccontare l’antico Egitto. Per ora, la visita vale soprattutto come assaggio del futuro: un futuro che, questa volta, speriamo non si faccia attendere troppo.